venerdì 18 dicembre 2009

Stop al patriarcato anche per gli italiani di prima o seconda generazione

Niente deroghe, italians. Storica sentenza per chi vuole dare l'addio definitivo al "padre padrone". La sentenza di Cassazione n. 48272 afferma che "le credenze religiose o le consuetudini culturali del paese di provenienza del padre padrone non possono giustificare l'abuso dei mezzi di correzione". Il patriarcato non è possibile per nessuno che viva o operi nel nostro paese.

In Italia i minori sono "soggetti titolari di diritti", anche per gli stranieri residenti in Italia. E i giovani italiani di prima o seconda generazione non devono temere maltrattamenti. I genitori, pur provenendo da altri contesti socio-etico-culturali, devono dare l'addio al patriarcato e "formare una personalità armonica, rendendola sensibile ai principi di pace, tolleranza, uguaglianza e solidale convivenza".

martedì 15 dicembre 2009

Nella città della Lamborghini, giunta al femminile e asili per tutti

A Sant'Agata Bolognese la giunta è tutta al femminile. E le differenze si notano: nella città della Lamborghini, oltre alla giunta rosa, vincono le poltiche sociali e inclusive. I vigili sono senza manganelli, gli asili non hanno liste d'attesa, anziani e volontari tengono d'occhio i parchi (altro che ronde!). Con l'idea di realizzare una nuova scuola elementare e rimettere in sesto un'azienda alimentare. Il fattore D è la vitamina anti-crisi anche qui.

lunedì 14 dicembre 2009

Fra parentesi: I deliri su Facebook, Déjà vu e caccia alle streghe: come uscire dal linguaggio machista dell'Odio? Perché tanto odio?

Vedere il volto di Berlusconi trasformato in una "maschera di sangue", è l'immagine più brutale della caduta in basso della politica italiana. La farsa che si trasforma in tragedia. Perfortuna Berlusconi si sta già riprendendo dalla violenza subìta e dallo choc; e perfortuna la politica per una volta non si è divisa, esprimendo, compatta (tranne il solito ambiguo Di Pietro...), solidarietà al Premier sotto attacco.

Ieri sera abbiamo visto una macabra versione della Morte Rossa di Edgar Allan Poe in diretta: e non è stato un bel vedere per nessuno, neanche per chi crede di odiare (?) Berlusconi.

Odiare Berlusconi o anche il berlusconismo, non porta da nessuna parte: o meglio porta in un solo posto: la Pazzia (privata) e la Galera (o lo stato di polizia). Per fortuna Berlusconi non è Bava Beccaris né Mussolini né Hitler o Stalin o Pinochet. "Odiare Berlusconi" è un'aberrazione pazzesca, una delirio fuorviante, oltre che una roba da utili idioti. Un errore non solo tattico, ma strategico: Berlusconi è un avversario, da contestare liberamente, con fermezza e in modo dialettico, ma non un nemico-da-abbattere. Tanto meno a qualsiasi costo.

Anche perché il costo di un simile errore sarebbe altissimo e salatissimo per tutti: una simile violenza obbligherebbe lo Stato a contro-misure anti-terroristiche da allarme rosso (tali da minare la già provata e strattonata democrazia italiana, messa a dura prova da 40 anni di terrorismi contrapposti e Stragi di stato: che senso ha ripetere tali errori?).

Poi, da che mondo è mondo, la violenza si paga: il "regicidio" è reato penale, punito con anni ed anni di carcere. Carcere duro, da 41 bis. Chi lo commette, deve sapere a cosa va incontro: non sarebbe il finale di una guerra di liberazione a Piazzale Loreto, bensì il finale di partita del '77 quando incrocia il Teorema del 7 aprile '80: una sconfitta brutale. Tutti dentro (assassini e istigatori), buttando via la chiave. Ma anche il finale di partita, non meno hard, di Genova/No G8: Carlo Giuliani non ha ballato sulle note di I shot the Sheriff o London calling o Rock the Casbah: Carlo Giuliani è stato ucciso per fermare, ad ogni costo, il movimento No Global. A che prezzo, lo sanno i ragazzi della Diaz e di Blozaneto: la rivolta costa cara. E quando i Movimenti pagano, pagano caro e tutto: spesso ci si rimette la vita, le penne, la libertà. Ne vale la pena per un attempato, ma arzillo signore liftato? Non pare proprio: se vuole vivere fino a 120 anni, che lo faccia pure e in pace e serenità!

Ma su Facebook la storia non è magistra vitae e non insegna nulla. Su Facebook i gruppi si dividono fra chi istiga violenza e chi ascolta deliri senza né capo né coda. Ma si tratta di puri deliri funzionali al berlusconismo. E all'altra faccia del berlusconismo: il di pietrismo.

Innanzitutto Facebook tiene i Log dei rivoltosi: è come se chi inneggiava alla Presa della Bastiglia nel 1789, avesse dato l'indirizzo di casa alle Guardie! I ribelli con cognome e nome, numero Ip e chiavetta Internet personale, sono dei delatori di se stessi: che senso ha auto-denunciarsi su un social network, se non essere schedati preventivamente dalla Digos per una follia disumana?

In secondo luogo: se un ex poliziotto ed ex Pm, come Di Pietro, invita de facto alla ribellione violenta (dicendo che ad aizzare è il Premier), e continua a strepitare a un fascismo (inesistente! Siamo in democrazia), non viene il dubbio a nessuno che sia solo una trappola? Una manovra di poteri altri? Un gioco per adescare sedicenti movimenti No_B? Un pasticciaccio per cani sciolti da sbattere in galera? Ma ha senso? No, non ce l'ha proprio.

In terzo luogo: la personalizzazione dello scontro porta ad armare la mano del cane sciolto o del "regicida di turno" (come a Sarajevo, come per 40 anni di storia italiana...), è una pericolosa china per tutti. La "personalizzazione dello scontro" ha portato all'uccisione di tanti civil servants tra gli anni '70 e 2000 (l'ultimo è il giuslavorista Marco Biagi). Quali lutti "agli Achei" e frutti avvelenati ha portato questa aberrante personalizzazione della lotta politica?

Rosy Bindi, il cui Professore venne barbaramente ucciso dalle Br, esprime solidarietà a Berlusconi ma insiste che Berlusconi è artefice di questo clima tossico: ogni giorno, in effetti il Premier parla con il linguaggio non di uno statista, presidente di tutti (fan ed avversari), ma con il linguaggio simbolico e mediatico, da anarco-capitalista che vuole abbattere le istituzioni. "Lo stato è il problema o la soluzione": c'è più Reagan o più Roosevelt in questo approccio?

Berlusconi, poi a Copenaghen, mentre la Ue cercava di trovare soldi da distribuire ai Paesi poveri per convincerli a ridurre le emissioni di CO2, disegnava "mutandine femminili", di fronte agli occhi di Gordon Brown e di Angela Merkel. Mister President, le pare che Churchill o Roosevelt (ma anche Reagan o l'iron lady Tatcher) avrebbero preso carta e penna per distrarsi dai discorsi seri?

Berlusconi si difende DAI processi, invece che nei processi, come farebbe un anarchico dei black blocs che non riconosce né l'autorevolezza né tanto meno l'Autorità dello stato. E' vero che, senza immunità parlamentare, Berlusconi si sente come il "re nudo" dell'omonima novella; ma non sarebbe il caso di risolvere i nodi politici con la politica e mantenere, allo stesso tempo, un atteggiamento compos sui che non dia adito a fraintendimenti?

Berlusconi usa un linguaggio machista in ogni occasione pubblica: alla riunione del Ppe a Bruxelles, forse mèmore del Celodurismo del Bossi della prima ora e di un certo Craxi ai tempi della "Milano da bere", ci ha ricordato che lui è il Premier con le palle. A un meeting politico, bisogna proprio usare lo stesso linguaggio da Happy Hour? Certe espressioni private debbono proprio essere sdoganate davanti a tanti Primi Ministri? Cicerone utilizzava il greco (al posto del latino) per certe espressioni private e solo nelle lettere ai familiari: in pubblico non si sarebbe mai sognato di cedere a una retorica demagogica e così sbrodolata. A furia di sdoganare, non crede che dalla padella, si finisca nella brace? E si finisca per buttare via "il bambino con l'acqua sporca"? Distinguere è segno di intelligenza: sparigliare le carte a ogni costo, produce invece caos.

Detto ciò, anche il Berlusconi che alza i toni e tiene il paese in eterna alta tensione, non ha mai alzato il tiro: non è stato Bava Beccaris. E la violenza contro le persone non è un "esercizio di stile", ma un reato (una serie di reati!). Il penale è personale: per i ragazzi di Facebook, ingenui militanti nel Panoptikon del Grande Fratello, ricordarselo, può essere utile. Per evitare di finire dietro le sbarre per deliri (forse neanche loro, ma altrui).

Chi ha già vissuto e visto i frutti avvelenati della Guerra al Potere, dice di getto: No, grazie. Vogliamo la libertà di contestare il machismo verbale di Berlusconi, vogliamo la libertà di espressione, vogliamo "tutto". MA senza cadere in oziosi e pruriginosi Déjà vu: rileggiamo la trilogia di Nanni Balestrini, abbiamo imparato a riconoscere le trappole. E le istigazioni verbali di Di Pietro, non incantano più nessuno: portano solo a Sante Inquisizioni e Cacce alle Streghe: nessuno ci crede! Che viva il re, dentro i confini democratici e istituzionali, e che vivano gli eterni ribelli con i loro sogni di libertà. Il resto è un brutto film già visto, che ha portato lutti non solo agli Achei ma anche ai Troiani. Abbassare i toni, sarebbe meglio per tutti: ma soprattutto sarebbe utile non ascoltare certe "sirene" subdole e pericolose.

(L'Eternauta e Perché tanto Odio? di Totem, sono fumetti a cui mi sono ispirata per questo Post, fra parentesi e fuori tema rispetto al blog. M.C.)

giovedì 10 dicembre 2009

Fattore D/Le donne si intendono di exit strategy

Una donna sa divorziare o lasciare il suo compagno con stile e senza drammi, figuriamoci se non saprebbe affrontare con creatività, talento e professionalità l'Exit strategy per uscire dal tunnel della crisi. Anche perché le donne sanno riconoscere le priorità, senza diventare schiave di imperativi (altrui), ma conciliando felicità, benessere, tempo libero, emancipazione, libertà e indipendenza, diritti e doveri, senza scendere troppo a compromessi e senza svuotarsi o allinearsi a "squadrismi estetici" (e non). Con il senso del futuro per figli e nipoti nel Dna, senza rinunce, molte donne sanno occuparsi "sia dello stato del mondo che del loro ombretto", senza scadere nella superficialità banalizzante, e si sono perfino "emancipate dal bisogno di dimostrare la propria dignità". Queste donne, con tutti i loro pregi e difetti, saprebbero dare qualche dritta per riagganciarsi alla ripresa? Provare, può essere utile.

Da leggere: L'ECONOMIA DELLE IDEE / La crisi è questione femminile (di Gianfranco Fabi).

"L'Italia resta il paese con una delle percentuali più basse d'Europa di partecipazione al lavoro delle donne. Ma se è vero che i problemi nuovi, come l'exit strategy dalla crisi, vanno affrontati con metodi nuovi, allora anche sul fronte del lavoro, dell'occupazione e della professionalità le strade nuove possono essere proprio quelle dei giovani e delle donne".
[Fonte: IlSole24Ore.com]

mercoledì 9 dicembre 2009

Il global warming peggiora la vita alle donne povere; ma a Copenaghen lo sanno?

A Copenaghen si discute di cambiamenti climatici al Summit sul clima. Il rapporto 2009 del Fondo per la popolazione dell’Onu (Unfpa) ha di recente denunciato che 1,5 miliardi di persone sono messe in grave pericolo dai disastri naturali: soprattutto donne povere.
La maggior parte vive con meno di un dollaro al giorno e sono, appunto, donne.
Il Vertice di Copenaghen potrebbe rimettere l'accento sulla pianificazione familiare (meno figli, ma più in salute) e sull'IT (altro grande assente del Summit), ma preferisce forse parlare d'altro...

[Fonte: Bbc]

giovedì 3 dicembre 2009

Risposta a Giavazzi: Perché le donne sopportano un peso così sproporzionato? Darwin le dice nulla?

Francesco Giavazzi, nell'articolo "Famiglia, le virtù e i costi (alti) del Welfare all'italiana", chiede alle donne del Belpaese di illustrargli perché accettano di sopportare un peso così sproporzionato: le donne cioè non rientrerebbero nel mondo produttivo, non per la cronica mancanza di asili nido, ma per colpa loro. Insomma, c'è un po' di Dna patriarcale ed Eva contro Eva in questo interrogativo: a remare contro le donne sono le donne stesse: è una sub-cultura che le tiene attaccate al focolare, ad accudire bimbi, anziani e genitori. Ma è proprio così?

Partiamo dall'uso della parola "colpa", innanzitutto. Sa tanto di mela da non cogliere e di cacciata dal Paradiso terrestre. In fondo, se non funziona qualcosa nella società, cherchez la femme. Facile, no? L'uso dell'espressione ha l'amaro retrogusto dello scaricabarile: se certi comportamenti non si impongono nella società, è responsabilità di chi non protesta, ma vota turandosi il naso. E' come se alle donne andasse, in fondo, bene così. Ma certi cambiamenti dovrebbero essere priorità di tutti! E non solo delle donne: qui va chiesta la rottura culturale degli uomini stessi. Una cesura col passato, chiara e netta .

Sono gli uomini a doversi interrogare per primi, dopo millenni di patriarcato entrato nel Dna, su quante rinunce abbiano fatto nella loro vita per "spezzare il circolo vizioso" (Susanna Camusso): quanti uomini hanno rinunciato a qualcosa nella loro professione, per consentire alle donne di non uscire dal mondo del lavoro o per aiutarle ad averne uno proprio? Il coming out deve essere maschile. Innanzitutto.

Quanti uomini hanno calcolato quanto lavoro domestico delle donne abbia agevolato la loro vita professionale e pubblica?

Capitolo asili-nido parcheggio: ma siamo sicuri che le donne non preferiscano il tele-lavoro (anche temporaneo) oppure dei voucher o forme di de-tassazione piuttosto che parcheggiare i figli in asili nido? Secondo la filosofia steineriana, i bambini fino a 3 anni non sono pronti per la socializzazione scolastica (lo dicono anche tanti Primari di Pediatria). Numerose donne vorrebbero avere 3 anni di flessibilità oppure di tele-lavoro (od altro) per accompagnare, dolcemente, i loro bambini alla scuola dell'infanzia, senza perdere il lavoro (e lo stipendio). Ma, poi, una volta inseriti i bimbi nella scuola, preferirebbero trovare asili dell'infanzia con orari non rigidi e burocratici, bensì elastici: negli Usa esistono asili che aprono alle 6 di mattina e, in teoria, chiudono alle 19 di sera: non per imporre orari da caserma a "piccoli soldatini", ma per consentire alle mamme lavoratrici orari flessibili (non tutte lavorano timbrando il cartellino; gli orari fissi non si conciliano con la flessibilità degli orari e dei turni di tante professioni attuali). Mamme felici e professionalmente realizzate, sono mamme migliori: lo dice anche Michelle Obama.

Capitolo maternità. La materinità oggi è un lusso per le precarie: chi scrive ha lavorato fino al giorno prima del parto e ricominciato a scrivere al compimento del terzo mese del figlio. Senza consumare un euro di Welfare. Ma con l'incubo che, per tre mesi "persi" (e 12 mesi di felicissimo allattamento!), potesse perdere non tanto il lavoro, quanto per esempio la possibilità di iscriversi all'Albo Giornalisti Pubblicisti (che richiede 24 mesi di pubblicazioni in continuità).
Quante precarie rinunciano alla maternità per evitare simili dilemmi? Quante aspettano di fare un figlio allo scadere dell'orologio biologico (compromettendo la propria possibilità di diventare mamme, per il decrescere della fertilità), a causa dell'insicurezza e dell'assenza di tutele?

Le garanzie de facto possono paralizzare "in privilegi alcuni lavori" e lasciare fuori per sempre "chi si allontana per qualche anno"? (Selma Dall'Olio).

Infine, le quote rosa: chiamate così, hanno il sapore della sconfitta. Della riserva per salvare i Panda dall'estinzione (con tutto il rispetto per i Panda!). La sociologa Chiara Saraceno allora ribalta la frittata: "Si tratta da parte degli uomini di cedere il loro monopolio del potere, (...) perché le donne sono lontane dai posti di decisione, dai bilanci".

Ma gli uomini sono disposti a cedere il timone?

E le donne, invece, sono disposte a impegnarsi in battaglie civili "di lunga durata ed esito incerto" invece di continuare ad arrabattarsi, a cercare espedienti e a volte abbassarsi a compromessi che le umiliano o che creano alienazione e frustrazione?

Insomma, tutto questo per dire: se vogliamo porre sul tavolo una riscrittura del Welfare, facciamolo dopo aver sondato tutta la questione femminile, e non soltanto alcuni aspetti, sfaccettature magari più mediatiche e appariscenti. Cambiare una società è difficile, si sa: ma è possibile solo nel quadro di una franco dibattito culturale, che investa l'intera società: uomini compresi. Oggi, a pesare, è soprattutto la divisione fra lavoratrici di serie A (privilegiate, ma neanche troppo! anzi poco!, ma interamente protette dal Welfare) e lavoratrici di serie B (che non possono ammalarsi, che non fruiscono di giorni di malattia se non teorici, che non godono del diritto alla maternità, ma a cui vanno soltanto le "briciole del Welfare").

Questo è il vero nodo: il resto sono sofismi, anche non banali ed interessanti, ma che non arrivano al fondo della questione.

Oggi tutti citano Darwin: «Tutti gli esseri viventi sono esposti a una forte competizione», «Quanto più nascono individui in grado di sopravvivere, tanto più deve esserci una lotta per l'esistenza», «Ogni essere vivente deve lottare per la propria vita e sopportare una grave distruzione. I più forti, i più sani e i più felici sopravvivono e si moltiplicano».

Ecco, se il darwinismo è vero per gli uomini, per le donne, è ancora più vero. La nostra è una pura lotta darwiniana per la sopravvivenza nel mondo del lavoro e nella società. Che fare?

Mirella Castigli

mercoledì 2 dicembre 2009

Disoccupazione femminile e i Soliti Sospetti

I dati Istat sulla disoccupazione sono allarmanti: due milioni sono le persone in cerca di lavoro, l'8% (ancora sotto la media Ue del 9,3%). Ma a far un po' rabbrividire, è che la disoccupazione cala come una scure sulla testa di donne e giovani: gli atipici perdono lavoro e sono senza rete (se non raccolgono le briciole del Welfare); le donne pure.

Ma, secondo Francesco Giavazzi, è un po' colpa delle donne, se poi non rientrano nel mondo produttivo. Ormai è la sindrome dello scaricabarile. Ma sì: le donne sono tra le prime a perdere il lavoro (lo dice l'Istat), ed è pure colpa loro se preferiscono fare le mamme o accudire i familiari, invece che rientrare in ufficio o in fabbrica. La quadratura del cerchio? A noi sa di botte piena e moglie ubriaca...

E poi Giavazzi chiede con simpatia 2.0 alle lettrici del Corriere della Sera di spiegargli "perché le donne italiane accettano di sopportare un peso tanto sproporzionato".

Non si preoccupi, Dottor Giavazzi: anche noi glielo spiegheremo. Intanto lei ci illustri perché noi donne siamo le prime ad essere licenziate (qualche sospetto lo abbiamo, ma non vogliamo fare le noiose dietrologhe!). Lei ci interpreti i dati Istat e noi le diremo perché alcune perdono forse la voglia di ricercare un impiego e preferiscono affaticarsi in noiosi lavori domestici... ("noi" in senso lato: non tutte!)

Intravede i soliti sospetti? Il circolo vizioso e il cane che si morde la coda... non le dicono proprio nulla? Alla prossima puntata con il nostro point of view. Femminile e un po' licenzioso (almeno finché non ci licenziano :)

martedì 1 dicembre 2009

Fiocco rosa per la banda larga e la comunicazione online

European Interactive Advertising Association (Eiaa) fotografa le donne digitali. Dall'indagine Donne & Web emerge che: la fascia demografica dei 16-34 anni è la più digitale nel nostro paese; alle donne la banda piace larga: il broad band interessa il 67% delle intervistate in Italia.

La Rete si tinge di rosa sette giorni su sette. Su 20 milioni gli italiani online, 8,3 milioni sono donne (il 32% delle donne) con una crescita nell’uso di Internet pari al 7% anno su anno. La fascia demografica delle 16-34anni viaggia al 76%, confermandosi come la generazione rosa decisamente più geek in Italia e oltre la media europea (60% nell'utilizzo di Internet) .

Le donne italiane hanno il primato per l’ammontare di tempo trascorso in Rete: 12 ore settimanali online (contro la media europea di 11 ore). Il 20% delle donne passa tempo online anche nei fine settimana, con una crescita decisiva pari al 54% negli ultimi 2 anni. Non sorprende quindi che il 29% sia dichiaratamente heavy user, con più di 16 ore a settimana.

Le donne spengono la TV e accendono il Pc. È in caduta libera il divario che fino a poco tempo fa separava il piccolo schermo dal Web. Oggi la televisione perde terreno: le 15 ore trascorse settimanalmente davanti alla TV, sono tallonate dalle 11 ore abbondanti passate (media europea al femminile).

Anche in questo caso, le 16-34enni italiane trainano il passaggio al Web, con il 14% di tempo in meno trascorso davanti alla televisione, ma il 13% in più su Interne . Il sorpasso della Rete è già realtà tra le 16-34nni (con una media di 13,7 ore settimanali su Internet, contro le 12,5 davanti alla Tv).

Infine alle donne la Banda piace larga e senza fili. Le cyber-navigatrici in rosa fanno da apripista e mettono la freccia sul governo, che ha congelato i fondi broad band. Il 67% delle donne italiane naviga in banda larga. Parliamo di 5 milioni e mezzo di persone, di cui il 71% delle 16-34enni. Il 45% delle 16-34nni nel nostro Paese ha una connessione wireless.

Sul Web vincono chiacchere e gossip, o meglio la comunicazione. L’email è lo strumento più importante: nella media europea al 79%. Stessa coerenza per gli strumenti di instant messaging: 36% in entrambi i casi. Il blog cresce a doppia cifra con il 21% di crescita anno su anno.

Il 76% delle intervistate in Italia dichiara che grazie a Internet può gestire le proprie finanze, mantenere il contatto con amici e parenti (68%), accedere a informazioni legate alla salute e benessere (44%), prenotare vacanze (43%), scegliere prodotti o servizi più competitivi, anticipare cambiamenti nel proprio stile di vita. L'online diventa la Rete di salvataggio delle donne digitali.

Alison Fennah, executive director EIAA spiega così la valanga rosa in Rete: “In poco tempo hanno compreso i vantaggi dell’online per gestire con maggior efficienza la quotidianità, ampliare il proprio network, mantenersi informate e aggiornate. E’ un’audience altamente strategica per gli inserzionisti, dal momento che hanno di fronte soggetti molto attivi e coinvolti, pronti a sfruttare Internet per far sentire più chiara la propria voce. Ma anche per formarsi un’opinione e, perché no, cambiare idea”.

Ai siti di moda (45%) le donne preferiscono i siti di informazione (55%), i viaggi (50%) e la finanza (48%). In crescita è anche l'e-commerce.

[Fonte: ITespresso.it]

venerdì 27 novembre 2009

Stop alla Ru486: Scienza o Oscurantismo?

In Italia il corpo delle donne non appartiene a noi donne... ma a qualcun altro? E chi è questo "qualcun altro"? La domanda è lecita, a poche ore dal blocco alla pillola RU486 deciso, in modo irrituale e irriverente, dal Senato.

Scrive IlSole24Ore.com: "È proprio la delicatezza della materia a giustificare un intervento tanto irrituale con cui la maggioranza sottolinea l'attenzione politica alle questioni eticamente sensibili e manda forse un nuovo segnale di dialogo alla Santa Sede".

Aggiunge Della Vedova, parlamentare Pdl e "animatore" di Libertiamo.it: "All’interno del centro-destra alcuni parlamentari ritengono che il legislatore possa “correggere” le verità scientifiche".

E il corpo delle donne, martoriato dallo squadrismo estetico di questi decenni, e abusato in Tv e nella politica da anni, che ruolo gioco in questo nuovo braccio di ferro?

giovedì 26 novembre 2009

Patch Adams: Power to the Moms!

Le mamme al potere avrebbero una marcia in più. A dirlo è il medico Patch Adams. Le mamme insegnano a essere amorevoli, altruisti e generosi. E a credere in un mondo libero da violenze e ingiustizie, dove tutti gli uomini siano uguali.
Tutti i principali problemi sono causati dagli uomini, dai maschi? Perché 7mila anni fa l'uomo ha deciso di venerare soldi e potere. Le donne no, o almeno, non sempre.

Guarda su IlSole24Ore.com INTERVISTA VIDEO: Patch Adams: donne al potere per salvare il mondo

mercoledì 25 novembre 2009

Sono 140 milioni le donne vittime di violenze: in piazza sabato, per dire NO alla violenza sulle donne

"La Giornata internazionale contro la violenza alle donne deve rappresentare - sostiene il presidente Giorgio Napolitano - un'occasione per riflettere su un fenomeno purtroppo ancora drammaticamente attuale, individuando gli strumenti idonei a combatterlo in quanto coinvolge tutti i paesi e rappresenta una vera emergenza su scala mondiale".

Secondo i dati forniti dalla conferenza sul tema, svoltasi a Roma in occasione del G8, sono più di 140 milioni le donne vittime di violenze di ogni tipo. Matrimoni forzati, spose bambine, mutilazioni genitali, stupri di guerra: "Il dolore di quelle donne, di quelle bambine riguarda tutti noi, anche perché la barbarie della violenza contro le donne non è stata estirpata neppure nei paesi economicamente e culturalmente avanzati" conclude Napolitano.

In Italia, il caso dei fischi alla Nunziatella (contro le prime sette donne entrate nella scuola militare...), la dice lunga: il machismo è una metastasi che non risparmia neanche le alte sfere statali.

Se volete dire no alla deriva sessista, al patriarcato strisciante dell'intera società italiana, se volete dire basta contro la violenza maschile sulle donne, potete scendere in piazza a Roma sabato 28 novembre.

Sabato 28 novembre

Manifestazione nazionale a Roma

Quest'anno la giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne sarà segnalata tra le altre iniziative anche da una manifestazione nazionale organizzata dalle donne e indipendente dai partiti che si terrà sabato 28 novembre a Roma.
Adesioni e motivazioni
sul sito torniamoinpiazza.it

martedì 24 novembre 2009

Fattore D/ Manager donne alla carica dei board

Ready For Board Women afferma che le magnifiche 70 sono pronte a entrare nei Cda. Niente più alibi: i nomi ci sono e sono nomi di tutto rispetto, candidabili a fare il loro ingresso nei Consigli di amministrazione delle aziende.

Ma non è una questione di "quote rosa", bensì di puro merito! Professional Women Association ha pescato le 70 manager per aumentare la presenza femminile nei board of directors. I nomi vanno da Anna Puccio, ex Ad di Sony Ericsson, a Maria Grazia Filippini di Sun Microsystems a Stefania Celsi di Accenture; da Laura Cioli di Sky Italia a Giovanna Dossena dell'Università di Bergamo, da Anna Gatti di Google/YouTube a Patrizia Grieco di Olivetti. Eccetera eccetera.

"Le donne rappresentano oltre il 50% dei laureati (laurea specialistica) in discipline economiche e oltre il 57% dei laureati in discipline giuridiche. Sono ben rappresentate negli Mba, luoghi primari per la formazione dei manager. Profili di spicco non mancano" (IlSole24Ore.com).

Le quote rosa hanno il retrogusto di "salvate i Panda in via di estinzione" e non ci piacciono granché: ma qui è una questione di merito. Serve solo un grimaldello per aprire una serratura arruginita in un paese che non sa guardare "l'orizzonte a testa alta"?

lunedì 23 novembre 2009

Mamme per scelta: ma il lavoro rispetta i tempi delle donne?

Con la maternità del ministro Maria Stella Gelmini, per tutte Mary Star (come dice Littizzetto, notando maliziosamente che son tutte cattoliche, poi tutte concepiscono figli fuori dal sacro vincolo...), si ritorna a parlare della gravidenza al lavoro.

Il 46% delle operaie smette di lavorare entro il quinto mese. Ma una su cinque non torna a lavorare quando diventa mamma: il 69% per scelta, ma il resto no. Al 23,9% non viene rinnovato il contratto dopo il parto. Il 6,9% viene licenziato.

La maternità libera è la vera liberazione delle donne, ma la legge sulla maternità (all'epoca all'avanguardia) avrebbe forse bisogno di un lifting, per essere più al passo con i bi/sogni delle donne. Soprattutto libere professioniste e precarie, oggi poco tutelate.

In Italia madri e padri, fino agli 8 anni del bimb*, possono prendere 10 mesi di congedo: meno dei 12 di Germania, Belgio e Svezia.

Molte donne poi vorrebbero tornare presto in ufficio e avere l'opzione di allungare il periodo part-time.

E poi annosi problemi, mai risolti, affliggono le donne: servono asili, assistenza, supporto. "Se tutte le donne potessero lavorare, il nostro Pil salirebbe di ben 17 punti" afferma Mara Carfagna al Corriere della Sera (13-11-2009). Maternità libera, senza dover aderire per forza a modelli maschili.

Allora, ministro, aiuti le donne ad avere maternità felici (ma soprattutto vissute, metabolizzate e centellinate con i propri tempi!), e forse farà bene anche al Pil italiano...

giovedì 19 novembre 2009

Francis Ford Coppola: Gli italiani ruberebbero la fidanzata al proprio figlio

Usa parole pesantissime Francis Ford Coppola, nel dipingere un'Italia gerontocratica, che regala le figlie al drago e divora i propri stessi figli. I giovani italiani forse avrebbero qualcosa da imparare dall'Edipo Re (e dall'Edipo a Colono): Edipo (per crescere) uccideva il padre, e andava a letto con la madre. Invece in Italia i padri ruberebbero la fidanzata al proprio figlio. Innaturale.

Ma l'Italia taglia le gambe ai giovani: non offre loro alcuna opportunità. E i giovani più in gamba fuggono. “I padri vogliono tutto, soldi e ragazze. E così i giovani sono costretti ad andarsene” dice uno sconsolato Francis Ford Coppola, uno che di Italia e storie familiari se ne intende!

[Fonte: La Stampa]

martedì 17 novembre 2009

Cosa spinge 200 giovani donne a fare le hostess a una Lectio di Gheddafi per 75 euro netti?

All'ingresso hanno lasciato cellulare, fotocamere e borsette: mica voleva cadere nei tranelli delle veline berlusconiane nei bagni di Palazzo Grazioli... Ma se Gheddafi è più furbo di Berlusconi (ci vuol poco?), mi chiedo: perché 200 giovani donne, anche laureate, vanno a fare le hostess a una serata con Gheddafi, per 75 euro netti? Che male c'è, diranno alcuni. Per carità: nulla, di questi tempi! Hostess, mica escort. Ma mi viene da usare le parole di Franco Battiato in Inneres Auge: Che male c'è a organizzare feste private con belle ragazze per allietare... "Ma non ci siamo capiti... perché dovremmo pagare anche gli Extra a dei Rincoglioniti"?

Ecco, ragazze, il Corano leggiamolo e studiamolo: doveroso in una società multi-etnica! Sicuramente bello e colto. Ma perché essere invitate in quanto modelle, e non studentesse, dover aspettare 3 ore il rais per 75 euro e sorbirsi un clima da Quiz Tv? Altro che far aspettare una signora... qui si fa la coda per 75 euro! Cos'è: sindrome da Videocracy Basta apparire? Inflazione galoppante? Farsi notare, avere da raccontare un'esperienza su Facebook...? O cos'altro?

Già ho trovato avvilente che nessun professore universitario, la scorsa estate, si sia alzato e se ne sia andato in grande polemica con la lezione di Gheddafi sul significato etimologico di "democrazia" (per Gheddafi non deriva dal greco demos e kratos, bensì da una parola che vorrebbe dire "sedia", forse il cadreghino del potere di uno sketch leghista di Aldo, Giovanni e Giacomo...). Lo scempio della cultura greca, il travisamento barbaro delle nostre più profonde radici culturali, passato per Lectio magistralis, è stata davvero la ciliegina sulla torta di un'università allo sbando, che si fa maltrattare non si sa in cambio di cosa. Vergognoso y punto.

Ma ieri sera siamo andati ben oltre: 200 ragazze, anche laureate e animate dalle migliori intenzioni (Maria Bellucci voleva per esempio ripetere la stessa domanda che fece Oriana Fallaci a Gheddafi, pubblicata sul Corriere della Sera il 2 dicembre 1979: brava e coraggiosa, lo dico davvero; ma senza registratore, che ci faceva della sua risposta?); 200 ragazze adombrate e zittite dal silenzio digitale del Jammer (che azzera le comunicazioni elettroniche), si sono prestate a far da auditorio (adulante! ci racconta la simpatica Bellucci, che invece si è rifiutata di applaudire), con tacco 10 e vestite a festa (non scollate, sottolineano: ...ma ci mancava pure questo!); insomma, hanno fatto da tappezzeria al Rais che era in cerca di una serata (innocente per carità!) con le ragazze italiane.

Credo sempre nelle "buone intenzioni" delle ragazze giovani perché le esperienze, anche le peggiori, servono a crescere e maturare. Maria Bellucci ha dimostrato che si può provare a essere ironiche anche in certe situazioni, ma spero che tragga altre conclusioni, per il bene di noi tutte ex ragazze. Rimane il fatto che non riesco proprio a capire: 75 euro sono un compenso davvero da fame (neanche ci si compra mezzo golfino di cachemire o uno smartphone di moda!). Noi ex ragazze avremmo snobbato l'invito oppure lo avremmo contestato e de-tournato in chiave situazionista. Le "belle addormentate" invece non fanno mai una bella fine in nessuna storia: spero che essere uscite dopo mezzanotte, senza neanche aver bevuto un bicchiere d'acqua (niente cena di gala!), le abbia risvegliate dall'incubo. Hostess per pagarsi gli studi, può andare, ma servette adulanti, no grazie.

lunedì 16 novembre 2009

Fattore D/Donne in camice bianco

Le donne chirurgo erano il 10% negli anni '80, ma stanno per sorpassare gli uomini in alcuni reparti: oggi sono il 18% , 11.623 nelle 15 specialità di Chirurgia. Se in Chirurgia generale sono ancora poche (ferme al 9%), sono 4.479 (il 35%) in Ginecologia, 2.134 in Endocrinologia e 1.626 in Oftalmologia.
Il motivo dell'ascesa in Chirurgia? La passione delle donne per il bisturi; il talento; ma anche una fuga tattica degli uomini. Otto chirurghi su dieci ricevono un avviso di garanzia. Meglio lasciare il campo alle colleghe, pare.

mercoledì 11 novembre 2009

Maschilismo da caserma? Anche a sinistra dilaga

Il ministro Giorgia Meloni finisce nel mirino del disegnatore Alessio Spataro. E fin qui tutto normale: Spataro arriva dal Manifesto e Liberazione.

Ma il libro a fumetti, dedicato a Meloni, si intitola La ministronza, casa editrice Grrretic.
"Il libro di fumetti sulla Meloni mi sembra un'operazione molto misogina", ha dichiarato Paola Concia del Pd. Anchge Rosy Bindi si è indignata per la volgarità gratuita di titolo e testi.

Proprio mentre le donne sono sotto scacco in Italia su ogni fronte, la satira "di sinistra", invece di essere tagliente e mordace contro un avversario politico, preferisce cedere all'insulto facile e a un linguaggio classico machista contro una donna. Evidentemente va di moda, sotto tutto l'arco costituzionale. Di sinistra? No, da caserma.

Aldo Cazzullo: A molte Berlusconi piace così. Vabbè, ma a CHI?

Due fatti. Il primo è un aneddoto. Si svolge decenni fa, ai tempi di TeleMilano, con una 25enne Sabina Ciuffini, invitata a pranzo da un Berlusconi "su di età", ma con i capelli "tirati all'indietro", forse "tenuti con un gel". Decenni fa, ma sembra ieri: in un'Italia mummificata e cristallizzata in un palinsesto in cui l'orologio della storia si è cristallizzato. Il racconto è semplice ma esilarante: parla di una scommessa da 10 milioni di lire, di una tavola imbandita, apparecchiata con sontuose cristallerie e candele (ma dentro una palestra in disuso, dove il contrasto stona) e accanto ad una pedana "con un paio di suonatori" (il fantasma di Apicella?). Si conclude così: "Io avevo 25 anni, eravamo in pieno femminismo", contro il sistema e "francamente, quel tipo di corteggiamento non poteva funzionare". Soprattutto, perché sul più bello arrivò l'allora fìdanzato della Ciuffini, e Berlusconi, temendo il peggio, "si alzò da tavola, farfugliò qualcosa e uscì a passi svelti". Insomma, una fuga in piena regola! [Da: Confessioni, Io Donna, supplemento Corriere della Sera]

Con gli occhi spalancati su questo immaginario, fissati su questo spaccato di corteggiamento (con tanto di scommessa in denaro!), ora rileggiamo l'opinione di Aldo Cazzullo a pagina 50 dello stesso magazine: "A molte Berlusconi piace così". Cazzullo è più realista del re e ci spiega come mai a molte donne (anche se si sente in dovere di sottolineare che "le donne non sono tutte uguali"!) Berlusconi va bene così com'è: anni '50, galante, allusivo, monomaniacale.

Ma a quali donne piace essere considerate solo e soltanto un puro oggetto di conquista seriale? In cui per il Casanova di turno Parigi val bene una messa pur di sedurla, possederla e passare ad altra? A quali donne interessa lavorare solo perché rientrano nella categoria delle "segretarie più belle del mondo"? A quali donne piace essere le ministre del paese di Casanova?

Se in Italia il fascino del denaro - del potere - del successo spregiudicato, tutto declinato al maschile, risulta vincente presso troppe donne (mentre in altre società sarebbe un boomerang), i motivi vanno rintracciati nella madre di tutte le sconfitte: la "questione del lavoro e del merito".

In Italia le donne sanno che per fare carriera, dovranno faticare moltissimo e prima o poi sbatteranno contro il "soffitto di cristallo" che, troppo spesso, a pari merito, impedirà loro (o tenterà di impedir loro) di raggiungere il Top della carriera solo per questioni di genere. E non di merito.

In Italia le donne, nelle situazioni più diverse e anche più professionali, sono ancora oggi apostrofate con un noiosissimo "Signora o signorina?", domanda retorica alla quale l'interlocutore rimane di sasso (nel 2009!) se si sente rispondere con un distaccato ma fermo: "Dottoressa". Ingegnere, poi!, lo lascerebbe basito.

In Italia il fattore D non sfonda: sono 2831 i posti disponibili nei consigli di amministrazione delle società presenti a Piazza Affari, ma solo 167 di essi sono occupati da donne: un misero 4% circa del totale (dati: Ocse).

In Italia le donne nelle Authority indipendenti sono oggi il 6,9%, in Parlamento sono ferme al 19% e la metà rispetto al governo in carica.

Nelle pari opportunità, l'Italia retrocede al 72esimo posto su 134 (classifica Wef): "L'Italia - illustra il Gender Gap Index del World Economic Forum di Davos - continua ad occupare una delle ultime posizioni tra i Paesi europei" per i "risultati sempre scarsi in materia di partecipazione economica delle donne".

In Italia, sostiene Videocracy, basta apparire. Come? Discinte, anche se ieri PierSilvio Berlusconi ha deciso di rivestirle un po' e tagliarne la presenza in Tv (dopo il dimezzamento degli utili nella trimestrale...).

In Italia "l’arroganza del potere machista, camuffato da galanteria d’altri tempi, è corrosivo e ingiurioso per tutte quelle donne i cui meriti vengono scavalcati da chi si fa connivente di un regresso culturale" (Grazia Verasani).

In Italia le donne perdono il senso di sé e del proprio corpo, perché zittite se brutte, ma anche zittite se intelligenti!; perché bombardate da immagini di fanciulle mute e discinte che affianca­no anziani signori petu­lanti; e perché pezzi del loro corpo, cannibalizzato dalla pubblicità, vengono ossessivamente sfruttati 24 ore su 24 (Maria Laura Rodotà).

Negli ultimi 40 anni, due su tre posti di lavoro creati nel mondo sono occupati da donne (Economist).

In Italia nel 2004 solo il 48% delle donne appartenenti alla fascia d'età tra i 25 e i 64 anni aveva almeno un livello d'istruzione secondario, in Svezia la stessa percentuale arrivava all'85% (Il Sole 24 Ore).


Ma in Italia in Tv e spesso sui testi scolastici delle primarie passa solo un ruolo sottomesso e sommesso della donna: "Il più bel regalo di Dio agli uomini". E Cazzullo non ci risparmia il finalino di prammatica: "(...) Anche se le donne italiane hanno mosso passi enormi, all'evidenza per molte di loro - piaccia o no - è ancora così". Ma ripeto: per QUALI donne? E dopo quale brain washing?

Se anche Cazzullo, bravo e intelligente quando parla d'altro, ci racconta (tautologicamente) che è così perché così è da sempre, senza andare a fondo della questione femminile, senza centrare il vero nodo gordiano delle donne-tappezzeria (la questione del lavoro e del merito!), capiamo quanta strada abbiamo ancora da fare... Decisamente tanta: Hillary Clinton e Michelle Obama rimarrebbero sconvolte? Ma non solo loro!

martedì 10 novembre 2009

Tra il sesso a pagamento e la morale bacchettona, c'è ancora spazio per l'Amore Libero?

Escort, trans, Sex total body, mercificazione dei corpi, donne con il cilicio e i para-occhi. C'è grande confusione sotto le lenzuola? O il Belpaese è solo malato di voyeurismo e perbenismo strisciante?

Nel paese in cui un Giovanardi qualsiasi, in stato di grazia (come non accadeva alla politica dai tempi di Pinelli e del malore attivo!), insulta, con insistente cattiveria, un ragazzo ucciso, assistiamo all'ultimo teatrino: di nuovo, sul corpo delle donne. Dopo il massacro morale dei defunti, l'altro sport nazionale è calpestare le donne.

Pietrangelo Buttafuoco, dalle pagine del suo nuovo libro Fimmini, ci spiega che la sinistra è bacchettona (e su questo non discutiamo troppo, perché, insomma, proprio falso non è!) e le donne si sentono amate tradizionalmente solo a destra. Coooosaa?

Beh, a questo ci ribelliamo! Noi donne dovremmo solo trovare bellimbusti con il gel, televisionari, che credono che la "banda larga" sia un'estensione del "lettone di Putin" e roba del genere? No, grazie! A tutto c'è un limite, meglio sole che male accompagnate!

Ma, visto che non ci siamo date alla castità in servizio permanente, e non ci rassegniamo al modello Billionaire, rispondiamo punto per punto.

Ma tra il sesso a pagamento e la morale bacchettona e conformista, c'è ancora spazio per l'Amore Libero? Per l'Amor, ch'a nullo amato amar perdona?

Il sesso Total Body del mondo Trans non ha nulla da insegnare alle donne in cilicio di tutto l'arco costituzionale (e anche fuori)? L'amour fou è ancora libertario? Amor vincit Omnia non vuol dire più niente a nessuno?

Le donne vogliono lasciare alla destra la forza e la carica eretica, ma creativa e libertaria dell'amore? Noi, ex bad girls (che non andranno in Paradiso, ma dovunque ci piaccia!), non vogliamo riappropriarci dei nostri corpi e del loro potere sovversivo?

...Anche di femme fatale, come cantava Nico per i Velvet Underground. Anche se si litiga con la bilancia (come capita a tant*!), se si sono passati gli anta o spuntano i primi capelli bianchi o le rughe....

Ma chissenefrega! Femme Fatale è uno stato mentale. E non si misura con il botox, il tacco 12 e il Pilates. Ma si gioca sul filo della seduzione, della libertà intellettuale, della creatività personale, dell'amore ludico e della libertà (in senso libertario, sia chiaro!, e non della Pdl..... la cui ossessione per le donne ha un quid di malato, come il conformismo di una certa ex sinistra bacchettona!).

lunedì 9 novembre 2009

Ragazze Nerd? Tacco 12 alla Marissa Meyer di Google

Se pensate che tutte le donne hacker siano punk e piene di borchie e catene, siete fuori strada. Se credete che i Nerd abbiano tutti "la catena al portafogli o gli occhiali spessi" come Bill Gates, vi sbagliate di grosso. Ci sono anche le ragazze che scrivono codice tutta la notte, con tacco 12 e vestiti glamour: date un'occhiata a Marissa Meyer di Google: bella, elegante e con la testa!

Insomma, regine (di cuori?) non malate di velinismo... Fatevi largo, girls, l'hi-tech è anche vostro :)

[Fonte: Gizmodo.it]

mercoledì 4 novembre 2009

Hello Kitty vede tutto rosa (a iniziare dal business). Ma è dalla parte delle bambine o no?

Iniziamo dai numeri (che dicono ben più del suo zuccheroso e rosa metaverso!): ha compiuto 35 anni, ma è rimasta infantile come non mai; solo nel 2009 la sede nipponica ha generato 14mila nuove licenze per il marchio HK e la sede di Los Angeles ne ha prodotte 100mila; mette in cassaforte 10 milioni di euro ogni anno in royalties; ammontano a 200 milioni di euro i prodotti venduti col marchio HK. Parliamo ovviamente di Hello Kitty [Fonte: La Repubblica].

Ma la gattina talmente dolce da far venire le carie a contemplarla, è davvero così innocente come appare? Hello Kitty è dalla parte delle bambine?

"Dalla parte delle bambine" è un libro del 1973, scritto da Elena Gianini Belotti, che raccontava "l'educazione sociale e culturale all'inferiorità".

Femminismo e idea di parità tra i sessi si saranno pure affermati, e non certo ovunque nel mondo, ma quello che è mancato (come dimostrano certi modelli) è il "lavoro sull'immaginario e sul simbolico". Tutta la suddivisione del consumo in generi, e quindi tutti gli stereotipi di genere che ne sono derivati (che riguardano adult* e bambin*) arrivano dalla pubblicità.

Ma non demonizziamo la Tv! Perché poi scopriamo che gli stereotipi più pesanti arrivano dai libri scolastici in cui risulta che "la maggior parte dei padri lavora, la maggior parte delle madri sta a casa; la maggior parte delle professioni degli uomini sono stupende, affascinanti, mentre le donne sono fate, streghe, nutrici, mamme. Ma c'è anche qualcosa di più pesante. Ci sono racconti con bambini che protestano perché la mamma lavora" (v. Reuters 2008).

Insomma, non prendiamocela con la zuccherosissima e rosa Hello Kitty, se non vogliamo aprire i testi scolastici delle elementari dei nostri figli: lì sì che scopriamo che la discriminazione giunge soprattutto dalla "carta ufficiale". E che dalla parte delle bambine, conviene essere sempre.

martedì 3 novembre 2009

Tina Fey in mutande mostra che il Parlamento italiano è... nudo

Tina Fey al David Letterman, nella serie 30 Rock su Sky, ha infiammato il Late Show con la sua travolgente vis comica. La battuta migliore: l'ironica Tina Fey è in abiti ultra-succinti, da velina si direbbe nella provincialissima Italia, e dice qualcosa del genere: Non sto più nella pelle di provare il mio abito di Halloween! Da Cosa sono (s)vestita? Ma da senatrice italiana, è ovvio!

Non dubitavamo: voi avete la svampita Sarah Palin, noi ci accontentiamo delle show-girl in Trans(atlantico). E non c'è bisogno di scomodare quell'antipatico di Catone il Censore, figuriamoci.

lunedì 2 novembre 2009

Dieta e palestra? Ma va là: il Transgender insegna un'altra femminilità

Scrive Natalia Aspesi su La Repubblica: "Le signore trasecolano, ci rimangono molto male: ma come, non le volevano esili, soffici, tenere, levigate, persino piccine, quasi infantili, insomma femminili, e loro per ansia di piacere, a dieta, a far ginnastica, ad ammorbidirsi e depilarsi ovunque; e poi si scopre che quel che sognano in segreto i loro innamorati sono donnone grandi e muscolose, con seni enormi e contundenti, consentita la barba e la voce profonda, soprattutto indispensabile quella parte del corpo che con tutta la buona volontà di accontentare i gusti degli uomini, proprio si ostina a mancare".

Il prossimo lunedì che ci metteremo con fatica a dieta, pensiamoci bene!

venerdì 30 ottobre 2009

Verità subito per Stefano Cucchi: solidarietà alla sorella Ilaria

La tragedia di Stefano Cucchi (e della sua famiglia) è quella che vediamo ripetersi, inesorabilmente, da 40 anni. Il ricordo va subito a Giorgiana Masi e alle tantissime vittime degli anni '60-'70-'80. Ma anche a Bolzaneto e alla Diaz.

Anni fa ho conosciuto la mamma di Roberto Franceschi, studente 20enne dell'Università Bocconi di Milano, colpito a morte nel 1973 da un proiettile di pistola in dotazione alla polizia, che quella sera presidiava la sua Università onde impedire una assemblea aperta agli studenti delle altre Università milanesi.

Conosco gli amici di Pinelli (e mi rattrista che alla moglie che chiede, con dignità e coraggio, la verità da decenni, lo stato risponda con reticenza e imbarazzati silenzi).

Conosco la storia di Horst Fantazzini, la sua bellissima libera vita e la sua fine, mai chiarita.

Conosco il Movimento degli ultimi 20 anni, e a troppi "buchi neri" va data risposta: verità e giustizia. No justice, no peace: o no?

Primo Moroni ha mantenuto con passione la memoria viva con il suo Archivio.
La famiglia di Stefano, sua sorella Ilaria, devono oggi avere giustizia, come tutti le morti sospette e mai chiarite degli ultimi 40 anni.
L'Archivio Moroni deve vivere.

giovedì 29 ottobre 2009

Maschilismo di stato, morte della democrazia: La raccolta firme della Libera Università delle Donne

Maschilismo di Stato, morte della democrazia:

Berlusconi si dimetta

Con questo appello, intendiamo richiamare l’attenzione pubblica sulla spirale negativa innescata dai comportamenti del ceto politico al potere in Italia: dai gesti quotidiani di disvalore verso il genere femminile si sta arrivando ad un attacco di stampo maschilista contro la stessa integrità delle istituzioni democratiche.

In altre parole, si passa da una democrazia incompiuta alla cancellazione stessa della democrazia.

Il Presidente del Consiglio è stato colto, infatti, nell’atto di passare da un utilizzo mercificato di corpi femminili per propri svaghi privati, ma giocati in luoghi destinati a fini pubblici, alla attribuzione diretta di cariche ministeriali e parlamentari (italiane ed europee) elargite come riconoscimento al fascino fisico delle candidate.

Questo comportamento è stato, da ultimo, anche sostenuto da dichiarazioni pubbliche quali "Gli italiani mi vogliono così... Sono sostenuto da un gradimento al 61%... Porto con me le veline (sulla scena del futuro G8) altrimenti ci prendono tutti per gay..”, insomma, potendo, così fan tutti.

Riconoscere che l’ampio consenso di cui gode tuttora Berlusconi vada attribuito in gran parte al fatto di interpretare modi di pensare e di agire patriarcali, radicati nel senso comune di uomini –e purtroppo anche di donne- non deve diventare un alibi per lasciare in ombra il pericolo rappresentato dalla sua permanenza in una delle più alte cariche dello Stato.

Quindi, vogliamo dire all' "utilizzatore finale” di prestazioni femminili che “grandi quantitativi” di italiane e italiani intendono contrastare questo degrado, al medesimo tempo personale e politico - due sfere implicate da sempre, al di là di ogni contrapposizione astratta e funzionale al protagonismo storico del sesso maschile.

E' necessario fermare la pericolosa deriva autoritaria di una società che si presenta incardinata sulla esclusione femminile e sulla disuguaglianza (di sesso, di razza, di condizione) e che sta compiendo il passo fatale: dalla riduzione al potere oligarchico maschile alla completa erosione degli assetti democratici, violando la pari dignità umana di donne e uomini, la libera espressione del pensiero, la libera informazione, la libera competizione nella rappresentanza.

Chiediamo a chi si riconosce in questo appello di dare avvio ad un movimento che, partendo dalla conoscenza dei fatti, elabori in forma partecipata azioni incisive tese ad ottenere, come atto primo indispensabile per il rispetto di elementari principi di democrazia e di civile convivenza fra i sessi, le dimissioni di Berlusconi e dei suoi fidi seguaci dalle cariche pubbliche.

Maria Grazia Campari
Floriana Lipparini
Lea Melandri

Firmate la petizione online

Obama vara la legge contro l'omofobia

Il Presidente usa Barack Obama ha messo la sua firma sulla legge che equipara i reati di omofobia a quelli di razzismo. Il Matthew Shepard Act è la legge Usa contro l'omofobia, che amplia il ventaglio degli "hate crime", i reati mossi dall’odio (razziale, omofobo...).

In Italia una simile legge è stata affossata pochi giorni fa, sotto i colpi di un vaticanismo spinto sposato da diversi politici nostrani.

Aperta parentesi: Obama giocherà a basket con chi gli pare (solo maschi? capita, macchè maschilismo!), ma ha difeso anche il ruolo delle donne. Senza Michelle, che oltre a lavorare badava alle figlie, non avrebbe mai potuto fare politica e scalare la Casa Bianca. Ma va......? Il fattore D serve anche in politica (sì, la moglie di Marrazzo lo sa!)

mercoledì 28 ottobre 2009

Il fattore D? Funziona in azienda, ma l'Italia lo ignora

Mentre l'Italia retrocede nelle Pari Opportunità (fonte: Wef), la presenza femminile ai vertici delle aziende quotate in borsa registra un nuovo arretramento nel segno del rosa.

In Italia sono 2831 i posti disponibili nei consigli di amministrazione delle società presenti a Piazza Affari, ma solo 167 di essi sono occupati da donne: un misero 4% circa del totale (dati: Ocse).

Eppure il fattore D è stato meglio di una vitamina anti-recessione: le aziende con più donne hanno retto meglio la crisi e hanno messo a segno anche rendimenti e conti migliori. Inoltre la presenza femminile aumenta anche in università, dove le donne scavalcano gli uomini (fonte: Unioncamere).

Ma l'Italia snobba, implacabilmente e inesorabilmente, il fattore D... Se poi non sono esteticamente all'altezza, che ne sarà di loro?

martedì 27 ottobre 2009

Pari opportunità, l'Italia retrocede di tre posizioni ed è fanalino di coda nella Ue (Wef)

L'Italia si conferma dispari nelle opportunità fra uomini e donne. Il Belpaese perde tre posizioni in dodici mesi nella classifica mondiale delle pari opportunità: L'Italia retrocede al 72esimo posto su 134.

La classifica del World Economic Forum di Davos (Wef), stilata sulla base del Gender Gap Index, è impietosa. Lo scettro delle pari opportunità spetta all'Islanda, seguita da Finlandia, Norvegia, Svezia e Nuova Zelanda. Fanalino di coda è lo Yemen. Ma "L'Italia - illustra il Wef - continua ad occupare una delle ultime posizioni tra i Paesi europei" per i "risultati sempre scarsi in materia di partecipazione economica delle donne".

Insomma, bocciatura su tutta la linea!

Intanto il Botswana elegge una donna presidente Parlamento: Margaret Nasha è stata eletta presidente dell'Assemblea nazionale, per la prima volta nel paese dell'Africa australe (dove solo 4 donne si sono aggiudicate uno dei 62 seggi in palio).

Il Ministro Mara Carfagna correrà ai ripari?

domenica 25 ottobre 2009

La videocratica mercificazione di donne e transgender pervade la società italiana: è vero che "Basta apparire"? Dieci domande ai media italiani

Nell'inquietante vicenda del governatore del Lazio, Piero Marrazzo, ritroviamo un fil rouge che lega questa torbida vicenda (fatta di ricatti e istituzioni allo sbaraglio) alla stagione di "scandali, escort, ricattabilità e sesso mercificato" che invade i media italiani fin dalla coraggiosa lettera di Veronica Lario contro il ciarpame. In un'Italia dove delle "donne, i cavalier, le armi e gli amori" dell'immaginifico Ludovico Ariosto non è rimasto che uno sbiadito e farisaico ricordo, calpestato da una pesante e deprimente mercificazione dei corpi.

Nell'Italia che ha deciso di riportare l'orologio delle donne (e del movimento Lgbt) indietro di 60 anni (se non di più), c'è qualcosa di grottesco, ipocrita e fasullo. Qualcosa che ci lascia disarmate, ma poi ci fa arrabbiare profondamente: qualcosa che vogliamo spazzare via, una volta per tutte, per il bene dei nostri figli e nipoti.

Innanzitutto, osserviamo il ritorno alla stagione (che speravamo superata) dei vizi privati e pubbliche virtù, dove al dovere della verità e della trasparenza (ah, la glasnost!) si stanno sostituendo ipocrisia e atteggiamenti farisaici: ai comizi l'establishment presenta la famigliola (anche allargata), mentre in privato vive una (legittima!, ma, ahime', nascosta e, ergo, ricattabile) Second Life. Come se i piani (pubblico e privato), tenuti artificiosamente separati, non potessero mai convergere e intersecarsi, creando invece un insidioso loop e una allarmante "falla nel sistema".

Ecco allora dieci semplici domande ai media italiani. A cui sarebbe utile trovare in fretta delle risposte, prima di essere (tutti) travolti da una valanga di gossip, torbidumi e ricatti vari, da cui non tutti forse hanno la schiena dritta per uscirne vivi e senza ammaccature. Ovviamente, ci auguriamo che nessuno, in questa dirty war, ci rimetta le penne, la dignità e la rispettabilità.

1) In una stagione di (vera o presunta) militarizzazione dello scontro mediatico (per fortuna solo a parole, perché questo paese ne ha vissute di ben più pesanti!), come si poteva pensare che gli attacchi (pur legittimi) alla vita privata di una parte politica, non avrebbero avuto ripercussioni anche sulla parte avversa?

2) Chi è così super partes da poter scagliare la prima pietra: è una frase di circostanza o ha un suo fondamento?

3) Se un politico sa di avere il "classico scheletro nell'armadio", perché non fa coming out (con consapevolezza e maturità), prima di essere travolto dall'inevitabile scandalo?

4) Era così difficile prevedere il "chi la fa, l'aspetti" durante uno scontro così duro e senza esclusione di colpi?

In secondo luogo, ci imbarazza e rattrista la continua, strenua, negazione di pari rispettabilità e pari opportunità per Transgender e Omosessuali: come se soltanto la sessualità etero fosse degna di rappresentazione nella Societé du Spectacle della polique-politicienne italiana. Transgender, Gay e Lesbiche lottano ogni giorno in Italia per essere rispettati e per ottenere diritti, come già avviene in diversi paesi europei: parliamo di diritti basic, come per esempio la richiesta di Legge contro l'omofobia o sui Pacs (o i successivi Dico). Il tutto mentre nella Germania della conservatrice Angela Merkel vediamo omosessuali (dichiarati, rispettati e sereni) al potere: senza drammi!

5) Perché in Italia c'è solo pruderie e non reale rispetto verso chi non è etero?

6) Perché i corpi di Trans e LGBT (come per altro i corpi delle donne, nella vicenda delle escort berlusconiane) vengono invece esposti solo come carne da macello (ai fini dell'audience) e scagliati come corpi contundenti nello scontro politico?

7) La compra-vendita dei corpi avviene ovunque e ad ogni ora del giorno e della notte: Perché la sessualità mercificata continua ad attirare tanto, in maniera esibizionistica e ipocrita in Italia?

Il velinismo non è solo di destra e non è solo femminile. Quando ci scandalizziamo dell'estetica ridotta a passpartout per il potere, scordiamo che ci sono anche altri "ascensori sociali", non meno inquietanti. In Europa si diventa politici, in genere, in base a un curriculum, ottenuto sul campo. In Italia (da anni!) vediamo giornalisti e velini vari (anche maschi, e di tutte le parti politiche) che diventano politici, solo per la visibilità conquistata in Tv, senza nessun altro (o quasi) merito e cursus honorum.

8) Ha ragione Videocracy a denunciare che in Italia basta apparire?

9) Le vicende Berlusconi-Marrazzo (pur gestite politicamente agli antipodi - con l'auto-sospensione del politico del Pd in attesa delle dimissioni -) dimostrano l'inesorabile fine della privacy nel Belpaese: perché non ammettere che nel mondo digitale il diritto alla riservatezza non esiste più, ma al contrario sta diventando solo un'arma nelle mani degli avversari politici e dei servizi segreti?

10) Perché non trasformare il gossip strisciante in un legittimo diritto alla trasparenza?

Infine, una battuta (un po' cattiva e politically incorrect!) su via Gradoli: From Marx to Sex market: dai Compagni-che-sbagliano alla mercificazione dei corpi?

Speriamo che la politica italiana scopra la bellezza del sesso libero, la trasparenza del coming out, la denuncia di ogni sopraffazione e ogni ricatto, il potere dell'emancipazione e della liberazione sessuale, e il doveroso rispetto verso Transgender, Gay e lesbiche, donne e disabili. Solo con una rivoluzione copernicana dell'immaginario e della (sub)cultura italiana, forse, sarà possibile uscire da questa stagione di veleni, poison pills e ricatti, recuperando trasparenza e rispetto verso tutt*.


Update 27/10/2009: Due spunti di riflessione:
- IERI D'ADDARIO OGGI MARRAZZO / Un boomerang per i farisei (IlSole24Ore.com)
- La macchina del Fango (di G. d'Avanzo La Repubblica)

giovedì 22 ottobre 2009

Se pure la 62enne Hillary Clinton è più rugosa del 90enne Kissinger. Senza lifting, le donne sulla stampa italiana meritano il burqa

Sdoganate dal nostro Premier, le battute sulle donne ormai dilagano. Perfino un giornale, non della galassia berlusconiana, come La Stampa, è incappato nell'ennesima gaffe. Riporta Camilla Baresani nella sua rubrica "Asterisco" sul Magazine del Corriere della Sera: "Didascalia di una foto (...): Appena seduta le rughe sono apparse senza pietà". Di chi si parla? Di una befana? Chi è così rugosa da meritare tanta acrimonia e tanta violenza verbale? Leggendo La Stampa, scopriamo che si tratta della 62enne Segretario di Stato Usa Hillary Clinton, seduta accanto al 90enne Henry Kissinger. Ora: secondo voi, avrà più rughe e sarà più cadente la Clinton o il vecchio Kissinger? Commenta Baresani che il disprezzo per le donne di mezza età salta fuori anche nei posti più impensabili, per concludere: "Basti pensare che per i maschi non esiste l'equivalente di befana: al limite, quando un signore galante è parecchio su d'età, lo chiamano Papi". Il maschilismo è insomma nel Dna dell'italianità?

Un altro aneddoto, solo per dimostrare come il maschilismo imperi sui media. Sull'editoriale ORSI & TORI di Milano Finanza del 10 ottobre, Paolo Panerai si è cimentato su un pezzo che avrebbe dovuto fare sorridere i suoi lettori (maschi?), ma lascia basite noi lettrici donne. Partendo da un'analisi su Berlusconi tratta dal Wall Street Journal (proprietà di Rupert Murdoch, attuale antagonista del Premier italiano), Panerai si è soffermato sulla risposta di Rosy Bindi alla famosa gaffe di Berlusconi ("Ho sempre pensato che lei fosse più bella che intelligente"). Secondo Panerai, Berlusconi avrebbe voluto (e per il bene del paese si è astenuto!) rispondere al "Non sono una donna a sua disposizione" con una battuta ancora più folgorante ed esilarante: una nuova gaffe di largo consumo, un non detto che (dice Panerai) avrebbe regalato a Vespa un incredibile picco d'audience... e a noi donne, l'affondo finale?

mercoledì 21 ottobre 2009

Le donne vescovo anglicane riescono laddove la Controriforma fallì

Le donne vescovo anglicane sono riuscite a disarmare secoli di guerre fra Comunione anglicana e Chiesa di Roma: per la prima volta nella storia del cristianesimo, spezzoni di una chiesa passano all'altra senza scomuniche.

C'è un denominatore comune in questa vicenda? Sicuramente, il secolarismo che ha indebolito le Chiese, ha facilitato l'esodo; ma il vero motore della migrazione sono state le donne vescovo, mai accettate dai fuoriusciti Anglicani.

Insomma, una banale quanto storica misoginia: meglio un Prete sposato che una donna vescovo? Agnosco stilum Romanae ecclesiae...

From market to Marx. E le donne? A guardare le soap in Tv!

L'Italia berlusconiana ama il passo del gambero: brucia le tappe verso gli anni '50, riscopre addirittura il bello del Posto Fisso (ma intanto si sbarazza dei precari della scuola e flessibilizza tutto il possibile: la coerenza? E' troppo!) e manda in cantina, solo per un istante, la globalizzazione (mercatista, ça van sans dire).

In questa bolla di semi-Autarchia, che posto hanno le donne? Ancora non ce l'hanno spiegato. Ma si profila una vita plasmata dalle Soap Opera (sì, proprio le serie Tv interrotte da tanti spot di detersivi, saponi e bucati). Magari a fare la calza e a star dietro ai fornelli, ché fa sempre comodo (con la crisi, mica vorrete andare al ristorante o rinnovare il guardaroba?).

Oggi un disoccupato su 5 è tuttora scoperto dal sistema di protezione sociale (la disoccupazione è declinata al femminile, v. Reuters). Ma invece di parlare di flex-security o del contratto unico di Tito Boeri, si tesse l'elogio del Posto Fisso, sapendo benissimo che si illudono le persone e che il posto-a-vita è stato reso anacronistico ancor più dalla recessione (come spiega bene Federico Rampini sul suo blog). Ma va? Le donne che lavorano già lo sanno, ma al governo forse non se ne sono accorti...

martedì 20 ottobre 2009

Il Posto Fisso? Macché: il sogno dei lavoratori è essere fotografati con una escort

Mentre il Ministro Giulio Tremonti scopre il bello dei No Global (chissà se di nascosto sotto il gessato mette magliette con scritte come Crash Capitalism o legge i libri di Naomi Klein...) e, un po' fuori tempo massimo rispetto alla storia, sconfessa la Tatcher e recita l'elogio del Posto Fisso (mentre, con l'altra mano, in Parlamento aumenta la flessibilità dei lavoratori), Paolo Villaggio che, sul personaggio di Fantozzi ha costruito la parodia del Posto Fisso, entra a gamba tesa nel dibattito in corso. E dice: "Qui tutto è fisso" dal presidente del consiglio al gioco del lotto a stipendio fisso. Ma con vena caustica, conclude, a proposito dei lavoratori medi: "Il loro sogno non è il posto fisso, è essere fotografati con una velina". [Fonte: Corriere della Sera]

Non dubitavamo che il velinismo e le escort sarebbero rispuntate fuori. Ormai in ogni salsa.

Del resto è un pensiero fisso. "I modelli sono le veline, escort, calciatori di successo, qualche attore e i politici tutti". Il corpo delle donne ritorna in prima pagina, come premio (o surrogato?) agli impiegati stakanovisti.

Per le donne, riprendere in mano le redini del proprio destino e riappropriarsi del proprio corpo, sarebbe già un passo avanti: anche perché non vorremmo che l'utopia del Posto Fisso, già finita nel cestino della globalization, venisse rimetabolizzata e rielaborata proprio ai danni delle donne, il cui corpo è ormai il parafulmine preferito dell'attuale scontro politico.

The fault, dear Brutus, lies not in our stars but in ourselves.” (Julius Ceasar by William Shakespeare)

lunedì 19 ottobre 2009

Aria di riot e tazebao: la protesta contro una pubblicità corre in metrò

A proposito di una ennesima pubblicità controversa e senza dignità sul corpo del donne (il Claim recita: Pretendi di più, perché la protagonista non ha la silhouette di una modella, ma vorrebbe avere forme perfette in armonia con i diktat imperanti dei media patinati), la giornalista Marina Terragni scrive sull'inserto Io Donna del Corriere della Sera: "(...)Si è visto ben di peggio. Ma stavolta scatta qualcosa".

Per la cronaca, la pubblicità nella stazione di un metrò sta diventando un Tazebao (o per i più cyber, una Bbs analogica o un Facebook cartaceo), in cui chi passa esprime il proprio pensiero contro la pubblicità aggressiva verso l'immaginario e il corpo femminile: "Ragazze e ragazzi che passano di lì, e dicono con semplicità che il corpo è loro". E non degli utilizzatori finali o degli stawlker.

La "nostra" generazione cyber-hacktivist, fin dalle prime Bbs libertarie, passando per Isole nella Rete e poi per Indymedia, ha cercato sempre di dare voce a chi non ha voce. Di condividere saperi senza fondare poteri (come ci ha insegnato Primo Moroni). Di svelare che il re è nudo. Che i protagonisti della nostra vita siamo noi, e non i burattinai di turno.

Le avvisaglie di riot a colpi di pennarello in metrò mostrano che forse la generazione di Facebook, MySpace e Twitter si sta finalmente reimpossessando della propria voglia di partecipare anche in Real Life, di dire ciò che pensa liberamente, anche staccata la spina, senza inutili conformismi e barocche ipocrisie. Forse è l'ora di dire No, grazie all'abuso dell'immagine del corpo femminile? Ma sì, forse sì.

venerdì 16 ottobre 2009

La battuta sulla Bindi? Di largo consumo: come dire, da supermarket!

Berlusconi si scusa a modo suo con Rosy Bindi (e cioè rilanciando la battuta con una nuova gaffe). Dice: «Mi spiace per la Bindi, era una battuta di largo consumo».

...Largo consumo?

Ma che espressione è riuscito Berlusconi ancora una volta a elaborare?

Largo Consumo a tant* fa venire in mente una storica rivista da grossisti degli anni '80, fondata dall’editore torinese Pier Carlo Garosci, dedicata agli operatori dell'industria, della distribuzione e dei sistemi e servizi collegati della filiera dei supermarket.

Insomma una battuta da supermercato, da Gdo, che potremmo sentire in coda alla cassa degli anni '60. Una battuta flash-back in stile anni d'oro della Standa. Una battuta che è un salto nel tempo alle origini del mercato di massa.

Una spiritosaggine come tante: appunto. E' proprio il marketing legato alla battuta, che ci inquieta. Perché vuole riportare l'orologio delle donne indietro nel tempo: agli anni '50. Alle Barbie (di larghissimo consumo!). E forse anche più in là.

Agli albori del cash and carry e del Largo Consumo. Forse per rimarcare (inconsciamente) il concetto che più gli è caro: una battuta ad uso dell'Utilizzatore Finale nel Supermarket delle donne a scaffale?

giovedì 15 ottobre 2009

L’arroganza del potere machista sta corrodendo l'Italia del 2009? Intervista a Grazia Verasani

"Questo è un libro che, nonostante non tratti esclusivamente di donne, si può definire un tributo all’altra metà del cielo. Donne combattive, donne fragili, donne annichilite, donne risolute, donne violate o donne piene di aspettative per un lavoro da apprendista. Qual è l’atteggiamento della Cantini nei confronti delle donne sconfitte?" Domanda Marilù Oliva di CarmillaOnLine, e Grazia Verasani (di cui è uscito l'ultimo libro, Di tutti e di nessuno, edizioni Kowalski, ultimo capitolo della trilogia Quo vadis, Baby? e Velocemente da nessuna parte) risponde senza peli sulla lingua.

Verasani commenta: "L’arroganza del potere machista, camuffato da galanteria d’altri tempi, è corrosivo e ingiurioso per tutte quelle donne i cui meriti vengono scavalcati da chi si fa connivente di un regresso culturale di cui la sinistra non riesce, ahimè, a essere antagonista".

Forse non tutto è condivisibile per tutt*, ma è senza dubbio uno spunto di riflessione per tant*
[Fonte: CarmillaOnLine.com]

mercoledì 14 ottobre 2009

E se non dover portare il burqa non bastasse?


Domenica sera, a Padova, due ragazze lesbiche sono state aggredite da un gruppo di marocchini fuori da un locale gay della zona Portello. Le due donne stavano litigando, a quanto pare, per una questione di gelosia. Le urla delle due hanno attirato i nordafricani che, invece di sedare la rissa, hanno ricoperto di improperi le due ragazze, spintonandone una che è finita a terra e si è sentita dire da uno degli uomini: "Al nostro paese queste cose (l'omosessualità femminile, nda) si puniscono con la lapidazione". Sprezzante, l'uomo si è girato, ha sputato a terra per dimostrare ancora più chiaramente tutto il suo disprezzo, e se n'è andato con i suoi amici.
L'oliatissima macchina di certa informazione di casa nostra vorrebbe (se non si trattasse di due lesbiche) che dopo un fatto del genere si scatenasse l'ennesima caccia all'extracomunitario (delinquente per definizione), giustificando ronde, respingimenti e aggressioni nei confronti di tutti i cittadini stranieri.
Ma forse serve fermarsi e ragionare un attimo su quello che succede.

Nessuno vuole (e sarebbe stupido farlo) negare la responsabilità individuale di quanto accaduto a Padova. Lungi da noi. Quello su cui però difficilmente si riflette è il contesto in cui i fatti accadono. Un gruppo di nordafricani porta con sé una grossa lacuna di base nel fare i conti con questioni come i diritti delle donne e, ancora di più, delle persone lgbtq (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e queer, se a qualcuno sfuggisse l'acronimo). Semplicemente nascono e crescono in tessuti sociali in cui la cultura dominante (per altri versi affascinante e decisamente degna di rispetto) li educa ad un ruolo della donna marginale e degradato e a considerare l'omosessualità una perversione da punire secondo le leggi (più o meno travisate ad hoc) del Corano.

Le condizioni economiche pessime, le scarse prospettive, un sistema globale nato per mantenere lo status quo a tutto vantaggio dell'opulento occidente, e l'illusione, tutta mediatica, di una vita più rosea in Europa, li spingono ad andarsene per finire nelle maglie dei trafficanti di uomini prima e del caporalato e del lavoro nero poi.

Dopo un viaggio che noi non riusciamo neanche vagamente a immaginare, dal comodo divano di casa nostra, arrivano in Italia. E cosa si trovano davanti? Se non sono incappati in un qualche feroce respingimento adeguatamente orchestrato premiata ditta Maroni&co. e riescono anche ad uscire dalla rete della clandestinità, approdano in un Paese molto diverso da quello che pensavano.

Devono fare i conti con una società che a parole sbandiera accoglienza e civiltà, ma che pratica discriminazione e intolleranza (di maniera, spesso, ma sempre intolleranza),una società in cui l'idea, sempre più dominante, di donna è quella di un soggetto nato per soddisfare i desideri dell'"utilizzaotre finale" (maschio), siano essi politici, fisici, ludici o domestici e in cui, come ci raccontano le cronache di questi giorni, si pensa che l'omofobia non possa essere reato perché l'omosessualità è considerata al pari della pedofilia, della necrofilia e della zoofilia.

Quale teoria a noi ignota illustra come qualcuno sia in grado di imparare ciò che non solo non gli viene insegnato, ma non vede neanche accadere intorno a sé? Da quale pulpito possiamo scandalizzarci perché qualcuno, diverso da noi solo per nazionalità, si comporta esattamente come noi? O abbiamo già dimenticato le coltellate di "Svastichella", gli stupri ai danni di ragazze lesbiche (oltre che, naturalmente di altre donne) compiuti da italianissimi giovani, le violenze quotidiane che centinaia di donne subiscono dai loro mariti, padri e fratelli e che una legge contro un reato dal nome criptico per la maggior parte delle persone (lo stalking) non fermerà affatto? In cosa, sinceramente, pensiamo di essere più civili, accoglienti e aperti? Basta non essere costrette a portare il burqa? Sicure?